Storia
La storia del Duomo inizia nell’agosto 1487, quando la cittadinanza chiese al cardinale Ascanio Sforza, fratello di Ludovico il Moro di erigere una nuova cattedrale in sostituzione degli edifici medioevali.
Dalla posa della prima pietra (29 giugno 1488) il vescovo propose Donato Bramante, che fino allo scadere di quell’anno seguì direttamente i lavori, intervenendo sulla precedente idea elaborata da Giovanni Antonio Amadeo e da Cristoforo Rocchi, il quale però, per volere della fabbriceria, rimase direttore dei lavori fino alla morte (1497).
Gli subentrarono Amadeo e Gian Giacomo Dolcebuono e ciò comportò qualche cambiamento nella progettazione della struttura che naturalmente doveva mantenere il tracciato già imposto dalla costruzione della cripta e delle fondamenta delle sacrestie, realizzate secondo l’idea di Bramante.
Il modello ligneo
Del nuovo progetto fu realizzato un modello ligneo ad opera di Gian Pietro Fugazza che dal 1498 divenne direttore dei lavori. Esso era presente nel cantiere e costituiva il riferimento cui dovevano rifarsi capimastri, muratori e decoratori.
Realizzato in diverse fasi, tenne conto dell’idea bramantesca per l’abside centrale e le due sacrestie, mentre l’impostazione di Amadeo è visibile nell’alzato.
Il prolungamento del corpo longitudinale con altre quattro campate è riferibile a un momento successivo all’Amadeo: egli infatti, non diversamente da Bramante, pensava a un edificio a pianta centrale con la facciata allineata alla torre civica.
Appartiene alla Fabbriceria ed è depositato presso i Musei Civici.
La cupola
Realizzati gli otto pilastri e il tamburo, incominciò a porsi il problema della cupola.
Solo negli ultimi decenni dell’Ottocento venne scelta la soluzione della cupola in muratura di Carlo Maciachini (1882) che appoggiò la scelta della pianta a croce greca ed elaborò anche il progetto per la facciata.
Conclusa nel 1885 con la lanterna, si imposta su un tamburo imponente, ritmato internamente da una galleria. Quattro finestre circolari si aprono in prossimità dell’attacco della calotta interna.
La facciata
Realizzata nel 1895, avrebbe dovuto corrispondere al progetto messo a punto da Carlo Maciachini attenendosi al modello rinascimentale.
L’operazione comportò la demolizione dei resti, ancora consistenti, della cattedrale romanica di Santo Stefano.
Tripartita da coppie di lesene su due ordini, la facciata è rimasta incompleta, con la superficie in cotto rustica predisposta per il rivestimento in marmo.
Al di sopra del primo ordine di lesene corre una galleria di archi. Come questa, già prevista nel modello ligneo rinascimentale, era anche la più breve galleria che si trova sopra il rosone centrale.
L’interno
Realizzata nel 1895, avrebbe dovuto corrispondere al progetto messo a punto da Carlo Maciachini attenendosi al modello rinascimentale.
L’operazione comportò la demolizione dei resti, ancora consistenti, della cattedrale romanica di Santo Stefano.
Tripartita da coppie di lesene su due ordini, la facciata è rimasta incompleta, con la superficie in cotto rustica predisposta per il rivestimento in marmo.
Al di sopra del primo ordine di lesene corre una galleria di archi. Come questa, già prevista nel modello ligneo rinascimentale, era anche la più breve galleria che si trova sopra il rosone centrale.
L’interno
Illuminato da alte finestre intervallate da paraste, ha un catino absidale completamente affrescato a spicchi che convergono verso l’immagine dell’ Assunta, alla quale la chiesa è dedicata. In basso, entro tondi, sono dipinti a monocromo i quattro evangelisti; più sopra coppie di angeli reggono i simboli della Passione, evidente allusione alla reliquia qui conservata.
L’altare maggiore in marmo, consacrato nel 1836, riutilizza la mensa realizzata nel Settecento per l’altare dell’arca di sant’Agostino (qui pervenuto insieme all’arca da San Pietro in Ciel d’Oro, in seguito alla soppressione degli Agostiniani). Il coro ligneo, in noce, proviene dalla chiesa di Canepanova.
La “macchina” delle spine
L’incorniciatura barocca in stucchi dorati, con angeli sulle nubi e le figure della Religione e della Patria, custodisce il reliquiario secentesco in argento e cristalli con le Sante Spine della corona di Cristo.
Un antico meccanismo consente di far discendere, nel giorno di Pentecoste, la preziosa reliquia sopra una nuvola dorata, quindi di farla risalire il giorno successivo.